Il futuro della cannabis

Luciano Villani
5 min readJun 4, 2020

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Come spesso accade in tema di diritti è la magistratura la prima a rompere i tabù che il legislatore fatica ad affrontare. Uno di questi casi riguarda la coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti o, per rendere il tutto più comprensibile, la coltivazione casalinga di piante di marijuana. Da tempo, infatti, l’argomento riguardante l’uso della marijuana per fini personali quali il consumo e la coltivazione è al centro di una lunga battaglia non solo politica, ma anche di tipo giudiziario. Correva l’anno 1975 quando Marco Pannella veniva arrestato per aver fumato uno spinello¹, da allora si sono susseguite leggi, proposte referendarie, raccolte firme, azioni di disobbedienza civile e sentenze.

Si tratta di un argomento che ha al centro non solo il semplice “fumarsi uno spinello”, ma i principi di libertà dell’individuo, la possibilità di resistere a una legge ingiusta e più nel profondo la concezione stessa dello Stato. In questa vicenda, infatti, si scontrano due visioni antitetiche di Stato: da una parte chi vede nello Stato una figura paterna che vigila sui propri figli fino a guidarne nel dettaglio i comportamenti; dall'altra la concezione per cui è l’individuo è l’unico a poter decidere il proprio destino anche se questo voglia dire indulgere in comportamenti nocivi per lo stesso;

Il proibizionismo in America negli anni ’20 fu spinto proprio dai Movimenti per la temperanza che avevano un forte connotato religioso e paternalistico². Ovviamente le istanze portate avanti da questi movimenti avevano delle ragioni giuste alla base, come ad esempio il dato di fatto che l’abuso di alcool portava a violenze domestiche. Tuttavia l’imposizione di una morale di Stato portò più mali di quelli che voleva guarire. L’impatto del diciottesimo emendamento e del successivo Volstead Act³, infatti, provocarono una crescita esponenziale del crimine organizzato e del contrabbando. Inoltre, l’applicazione di quella imposizione, vista dai più come eccessiva, portò anche semplici cittadini a violare la legge.

“Se vogliamo che la legge venga rispettata, per prima cosa dobbiamo fare leggi rispettabili” scriveva il Giudice della Corte Suprema Louis Brandeis nel Cleveland Plain Dealer⁴.

Lo Stato fu costretto a reagire e così facendo la repressione portò a nuove limitazioni della libertà dei cittadini ad esempio è famosa di quel periodo la sentenza Olmstead la prima pronuncia in materia di intercettazioni. Olmstead era un contrabbandiere di alcool che era stato inchiodato dalle intercettazioni telefoniche fatte dalla polizia, tecnologia allora sperimentale. Proprio Brandeis, nel giudizio di fronte alla Corte Suprema, sostenne l’opinione dissenziente che metteva in guardia dai pericoli che si nascondevano nelle nuove tecnologie⁵. Fino a che punto lo Stato può intervenire nella vita di un cittadino? Quanto valutiamo la nostra privacy? Fino a che punto possono essere limitate le nostre libertà individuali per il bene comune?

Sembrano problemi appartenenti a un tempo passato eppure si dimostrano molto attuali (anche nel dibattito sviluppato a seguito dell’epidemia di Covid-19).

Di recente, infatti, in Italia si è tornato a parlare di legalizzazione della marijuana a seguito della sentenza delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione 12348/2020. Sì è arrivati a una pronuncia a Sezioni Unite proprio perché sulla questione si registravano differenti visioni e orientamenti giurisprudenziali che rispecchiano, dal lato giuridico, il dibattito presente nel paese.

Senza entrare nel merito della questione giuridica (la Suprema Corte procede ad una lunga disamina della giurisprudenza recente partendo da quella Costituzionale) possiamo sintetizzare la decisione in tre punti fondamentali: 1) considera lecite le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore; 2) ritiene che la detenzione di sostanza stupefacente esclusivamente destinata al consumo personale, anche se ottenuta attraverso una coltivazione domestica penalmente lecita, rimane soggetta al regime sanzionatorio amministrativo dell’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990; 3) alla coltivazione penalmente illecita restano comunque applicabili l’art. 131-bis cod. pen., qualora sussistano i presupposti per ritenerne la particolare tenuità, nonché, in via gradata, l’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, qualora sussistano i presupposti per ritenere la minore gravità del fatto.

Anche chi non è un giurista noterà un certo grado ancora di titubanza della Suprema Corte (per esempio ritiene lecita la coltivazione, ma non la detenzione a seguito di coltivazione), tuttavia resta rilevante questa presa di posizione che apre tutta una serie di nuovi scenari.

Si tratta, inoltre, dell’ennesima dimostrazione di quanto l’influenza del diritto europeo riesca a impattare sul nostro ordinamento. Uno degli argomenti usati dalla Corte di Cassazione fa riferimento alla Decisione Quadro del Consiglio dell’Unione Europea 2004/757/GAI del 25 ottobre 2004, che ha escluso la punibilità di diversi tipi di condotte, compresa la coltivazione, purché tenute dai loro autori soltanto ai fini del loro consumo personale (art. 2).

Il problema reale che questa sentenza pone è un altro e consiste nell'assenza della politica che non riesce a intercettare il cambiamento culturale avvenuto nel paese e si affida a normative repressive come la legge Fini-Giovanardi che non riescono a trovare riscontro nei cittadini. Altre volte, basti ricordare la questione cannabis light, si danno risposte caotiche che spingono appunto la giurisprudenza a intervenire per dare coerenza al sistema. Il giudice, tuttavia, non può sostituirsi al legislatore, non è il suo compito, ma è la politica che deve dare risposte.

Esisterebbero indubbi vantaggi nella legalizzazione della marijuana: 1) toglierebbe spazio alla criminalità organizzata 2) porterebbe il consumo del prodotto fuori dalla illegalità all'interno di un quadro normativo e di controllo; 3) permetterebbe di avere degli standard qualitativi più alti di quelli presenti sul mercato nero; 4) darebbe nuove possibilità di lavoro;

Questo sembrerebbe essere il momento giusto per un cambio di rotta, persino l’International Narcotics Control Board, che continua a considerare con preoccupazione l’uso ricreativo della marijuana, ha mostrato una leggera apertura sull'argomento. Nella recente conferenza stampa di presentazione del rapporto 2019, infatti, il Presidente dell’organizzazione, l’olandese de Joncheere, ha sollevato il problema che forse i trattati sull'argomento dovrebbero essere rivisti essendo ormai vecchi di 60 anni e che si dovrebbe cominciare a pensare a strumenti alternativi⁶.

In assenza della politica sono i cittadini a dover spingere questo cambiamento sollevando istanze e portando il dibattito nelle adeguate sedi legislative nella speranza che il Parlamento decida finalmente di raccogliere la sfida.

[1] Ansa, Pannella, l’arresto per uno spinello. Il poliziotto: “Io ero con lui”, https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2016/05/19/lo-sbirro-che-arresto-pannella-ma-ero-con-lui_e372f8da-d5b0-49ec-865d-8264141292a0.html

[2] PBS.org, Roots of prohibition, https://www.pbs.org/kenburns/prohibition/roots-of-prohibition/

[3] History, Art & Archives, US House of Rappresentatives, The Volstead Act, https://history.house.gov/Historical-Highlights/1901-1950/The-Volstead-Act/

[4] Brandeis, Cleveland Plain Dealer, 15 Oct 1912

[5] Olmstead v. United States, 277 U.S. 438 (1928)

[6] Pascual, In major shift, UN drug chief questions whether control treaties involving cannabis are out of date, https://mjbizdaily.com/in-major-shift-un-drug-chief-questions-whether-control-treaties-involving-cannabis-are-out-of-date/

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